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di Leonardo Piccinini

Restauro, facciamo di più

Difficile far fronte a un patrimonio delicatissimo e infinito finchè continueremo a investire lo 0,7 per cento del nostro prodotto interno lordo

Crollano le mura a San Gimignano, crollano frammenti in Santa Croce a Firenze (il 19 ottobre scorso, un turista morto sul colpo), “Modena, l’altare di Begarelli in San Pietro a rischio crollo”, “Plaster falls off Bologna tower” (Garisenda)….difficile far fronte a un patrimonio delicatissimo e infinito finchè continueremo a investire lo 0,7 per cento del nostro prodotto interno lordo (penultimi in Europa, persino dopo Lettonia, Lituania, Cipro, Bulgaria)!

Le tragedie e i crolli fanno il giro del mondo, danno l’idea di un sistema immobile e senza speranza, e tuttavia, sfogliando le pagine culturali dei quotidiani (sempre meno letti, Repubblica 150mila copie, Corriere 190mila, Sole24Ore appena 50mila) si scopre che restauri formidabili sono in corso o sono appena terminati. E che siamo all’avanguardia, ammirati per la qualità dei nostri restauratori: ci si chiede dunque a che serva aver aggiunto la T di Turismo all’acronimo MIBAC, visto che non si ha traccia di campagne di comunicazione (TV, social network, anche all’estero…) che riportino successi e risultati di un Ministero, e non solo danni, terremoti e tragedie. Quanti, nel nostro Paese e nel mondo, sanno che a Pisa, oltre alla Torre, c’è un magnifico ciclo di affreschi del Trecento (da Taddeo Gaddi a Buffalmacco) al Camposanto, interessato dall’”ultimo grande restauro di superfici dipinte che si fa in Italia”(Paolucci) per mano degli stessi autori dell’intervento nella Cappella Sistina? O che, negli stessi giorni in cui si sono conclusi i lavori alla Risurrezione di Piero della Francesca a Sansepolcro, opera tra le più celebrate del Rinascimento, veniva presentato il recupero, grazie alla Fondazione Friends of Florence e Palazzo Strozzi, della Cappella Barbadori in Santa Felicita a Firenze, l’architettura di Brunelleschi che ospita la celebre Deposizione di Pontormo? E che vale il viaggio l’incredibile serie di duecento opere, presentate alla reggia di Venaria, dalla Testa di Basilea, capolavoro di scultura greca del IV secolo a.C., alla Caterina Balbi Durazzo di Van Dyck (1624) al San Gerolamo di Tiziano da Brera, restaurate grazie a IntesaSanPaolo (diciottesima edizione del programma Restituzioni)?

Già, a che serve quella T?