giornalearte

Fast food e slow tour

I nostri affanni

Crisi finanziaria, globalizzazione e altri aspetti che determinano un così drammatico sconvolgimento nel mondo, riguardano ovviamente tutte le problematiche del nostro vivere. La globalizzazione così affascinante, ma anche drammatica ossia complicata, ma anche piena di prospettive, avrebbe dovuto imporre una lungimiranza maggiore nelle politiche del mondo. Tutto questo però necessitava anche di una convinzione ideale che in qualche modo fosse in grado di precorrere i guai che si determinano da questa situazione. In tutto ciò per noi si pone l'interrogativo: dove va l'antiquariato e poi ancora, dove va il collezionismo e dove va la cultura? L'ordine in cui queste tre categorie sono elencate, non vuole determinare ovviamente priorità, perchè in realtà potremmo ribaltare la successione delle parole e cominciare davvero a domandarci se tutto ciò che accade oggi nelle così dette città d'arte, costituisca un fenomeno importante per una corretta formazione culturale. Che il problema sia vitale per la nostra società lo dimostra anche un convegno che si è tenuto a Firenze dal 18 al 20 maggio sull'importanza del turismo culturale nel mondo e soprattutto in Italia, convegno che, se anche è parso riguardare piuttosto la possibilità da parte delle città d'arte di ricavare un vantaggio economico per le città stesse, tuttavia evidenzia anche la necessità di un coordinamento razionale e fruttuoso per lo sviluppo di un apprezzamento e di un accrescimento culturale. Ma prescindendo dalla conoscenza dei risultati di questo convegno, che si è tenuto quando il presente articolo era alle stampe, non si può far meno di convenire sulla necessità di strutturare il turismo di massa per le città d'arte in modo che le città d'arte non abbiano a ricavare, si globalmente magari un vantaggio economico consistente, ma, in definitiva, un pesante aggravio delle condizioni normali di vita dei cittadini e un uso delle città e dei musei che alla fine diventa un'inesorabile consumo. Il difficile equilibrio dunque tra l'offerta di visita di città d'arte, beni così preziosi per l'umanità, deve essere assolutamente bilanciata da una capacità di rendere il godimento di queste sia per coloro che visitano, che per coloro che avrebbero la fortuna di risiedere in questi paradisi, molto spesso ahimè resi infernali dal caos e dal disordine più fastidioso. La storica ospitalità degli abitanti delle città d'arte, si confondeva nel passato con la amabilità dei visitatori che molto spesso diventavano essi stessi residenti per lunghi periodi, alternati a ritorni nei propri paesi dove essi diventavano ambasciatori del gusto e della cultura delle nostre città. Una straordinaria personificazione del perfetto turista culturale era fornita, oltre da certamente non indigenti famiglie di stranieri che si stabilivano negli alberghi o nelle case cittadine per periodi certamente non brevi, anche da persone assai meno doviziose che venivano per ritrovare nel tessuto culturale delle città italiane, gli ascendenti culturali e spirituali della propria identità. Gli studenti delle varie istituzioni culturali nazionali, continentali, ma soprattutto mondiali, amavano passare almeno un anno della loro vita scolastica per studiare nelle università italiane e quindi risiedevano nelle città impadronendosi con sana ingordigia di tutto ciò che profumasse d'arte. Ma allora la ricettività delle case fiorentine, se pur modeste, era dignitosa e confacente alle poche risorse economiche di cui talvolta questi studenti disponevano e questo era il fascino di ambienti che si creavano per il ritrovarsi e il passaparola in ambienti che divenivano, per grandi o piccoli che fossero, veri e propri cenacoli culturali. Non è questa ovviamente una sterile e malinconica “laudatio temporis acti”, ma una constatazione che vorrebbe suggerire la sensazione che, se il turismo fosse in qualche modo comunicato senza pretendere di esasperare lo sfruttamento di masse di cittadini e forestieri, la vivibilità, la godibilità e soprattutto la validità di una conoscenza non superficiale del fenomeno artistico, sarebbe più propria per tutti. Non sappiamo proporre soluzioni definitive, se pur transitorie, ciò spetta alla politica o se vogliamo alle capacità della pubblica amministrazione di convogliare, entro binari sopportabili, norme e leggi che riguardano come al solito il vivere civile, tuttavia ci domandiamo: è possibile non riuscire ad indirizzare queste svogliate greggi, talvolta disinteressate, verso la curiosità per infiniti altri beni che non siano solo l'affollata e frettolosa ed, in definitiva, inutile visita al David o alla Venere di Botticelli, tanto per rimanere nell'ambito della città di Firenze? Il turismo mordi e fuggi è la negazione della cultura e seppure, ripetiamo, la necessità di utilizzare al meglio economicamente le risorse dei beni culturali sia una necessità che oggi è divenuta una assoluta priorità, ciò non toglie che l'inquietudine per questo dissennato consumo e utilizzo delle opere d'arte, desti un'infinita preoccupazione. Sarà utile continuare a basare l'attrattiva per la visita delle città d'arte proponendo semplicemente delle icone magnificate ed osannate al punto che, tanto per rimanere al David di Michelangelo, questa splendida scultura, così piena di sottintesi culturali e filosofici, debba essere ridotta a immagine parziale della propria fisicità riprodotta nei grembiulini o nei boxer venduti nelle edicole? Oggi la capacità di pubblicizzare è superiore alla capacità di acculturare e certo questo è un fenomeno straordinario, ma anche terrificante, che esula ormai dalle possibilità di controllo. Ma che “ci azzecca” tutto questo con l'antiquariato? C'entra e come perchè noi siamo come i monaci certosini che, durante l'alto medioevo, hanno conservato con pazienza ed amore la cultura del passato trasmettendola con i risultati che generazioni future hanno avuto la fortuna di godere. Sarà così anche per noi? E, considerando la rapidità con cui parabole discendenti si alternano ad apici di splendore, sarà possibile in breve tempo, assistere a nuovo rinascimento? Non sarebbe meglio indurre scriteriati tour operators a organizzare pacchetti di viaggio che inducessero turisti a soggiorni un po' più prolungati nelle città d'arte e, a questo scopo, per venire incontro ad esigenze economiche dei pellegrini, potrebbero le caserme dismesse o palazzi che Stato ed Enti Locali possiedono in grande misura, essere disponibili ad un'accoglienza dignitosa ma economica ed oltre tutto economicamente utile? Ci si accorge per esempio che la nutrizione sta indicando modelli di sviluppo che prevedono molto più utile lo slow food che il mangiare veloce, non si potrebbe allora prevedere anche una cultura più lenta ma più valida per tutti? 

06.2012