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di Claudio Pizzorusso

Lorenzo Lippi e la “tradizione dell’ordinario”

Lippi pone una domanda, e si attende una risposta. «Hai dimenticato tu la cesta degli arnesi, la corda, la corona? Vuoi questi chiodi?».

Anche per ragioni del tutto personali, desidero iniziare da Lorenzo Lippi.
Dopo il suo rilancio novecentesco, segnato dalle grandi tappe firmate da Arnaldo Alterocca, Fiorella Sricchia e Chiara d’Afflitto, Lippi ha goduto ultimamente di una rivisitazione critica in crescita esponenziale, con una costellazione di contributi tutti idealmente ruotanti intorno a una rilettura “totale” dell’artista: ne hanno beneficiato il pittore-poeta elettivamente affine al Salvator Rosa fiorentino, il poeta autore del
Malmantile racquistato, e infine anche il pittore.

Il cambio e l’apertura di prospettiva impressi agli studi su Lippi da Eva Struhal partivano da una considerazione ovvia quanto ineludibile, e desumibile sin dal ritratto che dell’amico artista aveva tracciato Filippo Baldinucci: «Lippi’s poetry and paintingshare common aesthetic features». È pur vero che Lorenzo coltivava interessi letterari sin da giovane – insieme ad altre attività cortigiane e ludiche quali la scherma,
l’equitazione, il ballo e l’azione comica, quest’ultima interpretata con una tecnica dell’imperturbabilità degna di Buster Keaton –, di cui si ignorano oggi i frutti. Di fatto però dobbiamo assumere come momento culminante del Lippi scrittore l’inizio della stesura del Malmantile – o meglio della sua versione embrionale provvisoriamente intitolata La novella delle due Regine o Leggenda delle due Regine di Malmantile –, che è concordemente fissato al 1643, poco prima della partenza di Lorenzo per la corte di Claudia de’ Medici, arciduchessa reggente del Tirolo a Innsbruck. È essenziale
osservare e tener fissa sin d’ora la perfetta concomitanza temporale tra questo impegno poetico e la “conversione”, relativamente brusca e radicale, con la quale Lippi ha stornato il proprio indirizzo figurativo verso forme che, per comodo, si son volute definire “puriste”. Per cui le ragioni letterarie e soprattutto linguistiche che hanno mosso il poeta alla stesura del Malmantile non possono non avere un corrispettivo nelle ragioni che hanno determinato la svolta del pittore...


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